In questa fase, i bambini iniziano a mettere in atto quelle abilità di autoconsapevolezza ed autocontrollo apprese nelle attività precedenti. Viene affrontato l'ambito relativo alla Consapevolezza Sociale, ossia all'approcciarsi all'altro con modalità di rispetto, di attenzione e valorizzazione, con l'obiettivo di iniziare ad instaurare relazioni equilibrate e volte ad una buona socializzazione.
Diversità e differenze sono una parte integrante della nostra vita di tutti i giorni e la loro comprensione ed accoglienza è alla base di ogni buona relazione sociale. Partendo da un’osservazione delle differenze e delle similitudini più visibili, gli alunni cominciano ad
attuare un confronto con “l’altro” più approfondito. Si compila una scheda di presentazione alla classe:
Completa il percorso sulla valorizzazione e il rispetto delle diversità la riflessione sulla storia di “Elmer, elefantino variopinto".
Elmer, elefantino variopinto
Nacque un giorno un elefantino
di cento colori come Arlecchino
Elmer si chiamava e con tutti lui scherzava
era allegro e spensierato e da tutti era amato.
RIT. Elmer diverso, diverso sei tu
e proprio per questo ci piaci di più (2 volte)
Di esser diverso Elmer si stancò
di perdere i colori l’elefantino tentò
trovò le bacche color elefante e ne raccolse proprio tante,
poi veloce lui le schiacciò e nel succo si rotolò.
Quando finì quel bagno bigio, Elmer era tutto quanto grigio
soddisfatto e un po’ stanco Elmer tornò nel suo branco
RIT.
Ora non era più anormale
agli altri elefanti lui era uguale,
gli venne però una grande risata
non la trattenne, ci fu una scoppiata.
Ora tutti lo scoprirono ed insieme si divertirono.
RIT.
Scese dal cielo la pioggia abbondante
e lavò il grigio dell’elefante,
Elmer allora in un baleno
tornò colorato come l’arcobaleno.
Fu presa quindi una decisione:
un giorno all’anno per l’occasione
tutti gli elefanti di mille colori
si pittureranno ed in coro canteranno.
RIT.
Condurre relazioni sociali soddisfacenti e piacevoli implica anche la capacità di sviluppare, nei confronti degli altri, quella che viene definita empatia, cioé la capacità di comprendere l'altro, i suoi diversi punti di vista, le sue azioni, senza giudicarlo.
I BAMBINI, LAVORANDO A COPPIE, CERCANO DI IMMEDESIMARSI CON I PROTAGONISTI DELLE FOTO QUI RIPORTATE, IMMAGINANDO LE SITUAZIONI
IN CUI SI TROVANO E LE LORO EMOZIONI.
Il volo di Gea, una favola sull'empatia, (da riassumere individualmente)
L' uccellino cinguettava “ciu ciiiiuciu ciu” e i clienti del bar del Signor Antonio entravano volentieri a prendere un caffè nella terrazza per ascoltare il suo canto delicato e trillante
come tanti campanellini. La sua voce argentina sembrava intonare un canto allegro e spensierato per la gioia dei clienti del bar che lo ascoltavano distratti e non vedevano la tristezza e la
solitudine nei suoi piccoli occhi di uccellino.
Lui invece cantava ma non di allegria, il suo canto aveva parole tristi e malinconiche che gli ricordavano la sensazione del vento tra le piume delle ali e lo spettacolo magnifico delle
chiome degli alberi viste da lassú, volando. Mentre cantava riusciva a non pensare alle sbarre della gabbietta e alla noia delle giornate che si ripetevano monotone.
Un giorno però successe qualcosa, una bambina entrando nel bar per comprare un gelato ascoltò il suo canto e si sentì
improvvisamente triste senza sapere bene il perchè. Allora guardò negli occhi il piccolo uccellino, si accorse che la tristezza veniva proprio da quel canto e si avvicinò alla gabbia.
“Perchè sei triste?” Sussurrò la bimba
“Ciu ciiiu ciu” trillò l’uccellino
Gea, cosí si chiamava la bambina, aveva un segreto per capire gli altri anche quando le parole non erano d’aiuto: si immaginava di essere al loro posto, si metteva nei panni degli altri per
capire le loro emozioni. E cosí fece, si immaginò di vivere chiusa in una piccola gabbia senza poter correre e giocare con gli amici.
Chiuse gli occhi per concentrarsi e all’improvviso sentí un formicolio alle gambe, come quando stava molto tempo nella stessa posizione: “Forse è proprio quello che sente quest’uccellino: di
certo gli formicolano le ali per non poterle aprire e forse è triste perchè non è libero di volare come gli altri uccelli”, pensò. Per un momento le sembrò quasi che le fossero spuntate le ali e
sentí un forte desiderio di volare in alto nel cielo.
Senza pensarci due volte Gea aprí la piccola gabbia sperando che nessuno la vedesse e l’uccellino la guardó cercando di capire perchè quella bambina gli aveva dato la libertà. Avrebbe voluto
dimostrarle la sua gratitudine ma non sapeva come fare, allora fece un ultimo cinguettio di addio e seguí il suo istinto che gli diceva di aprire le ali e volare via.
I clienti del bar senza capire cosa fosse successo si fermarono un istante, fu una frazione di secondo in cui sembrava che il tempo si fosse fermato. Nessun cucchiaino suonava contro il bordo
della tazza, i ragazzi che scherzavano interruppero le loro risate e persino i cellulari per un attimo smisero di suonare.
In silenzio Gea usci dal bar mangiando il suo gelato e si ritrovò a camminare per strada con lo sguardo rivolto verso il cielo, cercando distrattamente quell’uccellino dallo sguardo
triste.
All’improvviso cominciò a sentire il fruscio del vento tra le dita, l’aria fresca le accarezza il viso e il rumore del
traffico si sentiva in lontananza, ovattato. Chiuse gli occhi per assaporare quella sensazione di libertà e, con gli occhi chiusi, vide la città dall’alto, il porto con le barche dei pescatori e
le colline alle spalle.
Capì che era il regalo d’addio dell’uccellino, il suo modo di dirle grazie: stava volando con lui e osservando il mondo con i suoi occhi.
VIOLA MARIANI
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